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La Valle del Dittaino e l’Albero dei Ricordi

Bambini venivamo a villeggiare con Zio Michele e Zia Matilde in questa vallata, il silenzio si intervallava tra il canto degli uccelli e la campanella della stazione che anticipava i treni di passaggio. Trascorrevamo i pomeriggi a vagabondare tra l’agrumeto e il pereto, raccontandoci storie da brividi che non ci avrebbero fatto dormire la notte. La mattina la sveglia era puntuale alle prime luci, la zia ci faceva trovare una semplice colazione in cucina, e il via libera per il sentiero della pesca. Avevamo il mito della diga e dei suoi pesci che nelle rare occasioni di piena, si riversavano nel fiume, sognavamo pescarci senza mai in realtà tirarci fuori un granchio. Ogni volta che ci passo, l’emozione è intensa, momenti trascorsi, armonia delle stelle, le feste e la cioccolata mangiata in soffitta. Nei magazzini l’odore dei trattori, amavo sedermici alla guida e viaggiare d’immaginazione per le distese di grano. (Speciale/Li Destri)

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Questa mattina riflettevo se il mio vero obbiettivo fosse quello di consigliare, la risposta forse più aderente al mio essere, forse è quello di condividere. Condividere tutto, dalla scoperta alla conoscenza, non avere eccessivi segreti, se non condivisi, forse condivisione dell’intimo, tradotto visione pubblica. L’humus dei mie scritti nasce proprio dall’esigenza di raccontare la visione attraverso l’arte. Ho appreso il giusto per quello che ho voluto vivere, per quello che mi permetteva di mantenere dei canoni di libertà. Quando ho incontrato, mi sono interfacciato, non volendo insegnare, ma semplicemente mostrando una via. La strada da me intrapresa, è un sentiero dove anche le cose apparentemente immobili, esprimono un’idea, un divenire per quello che permette di continuare a respirare attraverso l’immaginario collettivo. Non sento pensieri estremisti, mi sono abituato a trovare, dentro le gallerie d’arte, i punti mille, dentro i locali storici, i club privè. Una cosa però non mi vuole garbare, è l’avidità dei proprietari d’immobili vari. Credetemi, assicuro nessuna rivendicazione contro nessuno, anzi un invito rivolto a tutti coloro, che credono in una comunicazione, che può essere veicolata, anche attraverso di un cesto di frutta, ma organizzato con amore. Avidità perché? Perché la maggior parte hanno permesso che l’inquilino chiudesse bottega, senza poter trovare accordo alcuno, molti sono stati i casi a mio avviso, ma ognuno con le proprie ragioni, non oso sindacare. Però io sento avidità, a non riconoscere anche riconoscenza nei confronti di quei mattoni che hanno dato alloggio alle sicurezze dei proprietari. Mentre vedo solo avidità, non c’è bottega sfitta con dentro  semi di fallimento, un aspro frutto, lasciato andare a folli richieste. Mi piacerebbe se un giorno, ci fossero vetrine che infondessero coraggio, amore, e ancora molta voglia di fare. Se hai delle vetrine, non lasciarle appassire.